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Taranto alla luce dello studio Sentieri

Del caso Taranto e delle problematiche legate al rapporto ambiente e salute, alla luce dello studio Sentieri, ne parla Fabrizio Bianchi dell’Unità di Epidemiologia ambientale dell Istituto di Fisiologica clinica del Cnr.

Taranto è da molti anni uno dei temi più critici ed ora si avvicina il tempo delle scelte, ma qual è realmente lo stato di salute?

Molto serio, come sarà confermato dai dati aggiornati dello studio SENTIERI che sono stati recentemente presentati a Roma.
Tutti i risultati conseguiti dai numerosi studi effettuati negli ultimi due decenni vanno nella stessa direzione: l’inquinamento e le bonifiche mancate nel Sito di Taranto hanno prodotto, stanno producendo e, purtroppo, continueranno a produrre forti eccessi di morti precoci, di ricoveri, di nuovi casi di tumori e di malformazioni congenite.
E siccome la popolazione esposta alle emissioni, non solo ILVA ma anche di raffineria, cementificio, discariche, area portuale, è di grande dimensione (> 200.000 abitanti nell’area SIN) anche i numeri di decessi e malattie in eccesso sono assai rilevanti.

Di che entità di impatto sulla salute si parla?

Alcune centinaia di decessi prematuri e di nuovi casi di tumore e diverse centinaia di ricoveri in eccesso ogni anno, considerando l’insieme della cause. Molte le cause di morte e malattia in eccesso, sia tumorali che non tumorali, la maggior parte delle quali in eccesso per gli uomini e per le donne. Casi in più anche in età pediatrica e di malformazioni alla nascita.

Perché dice che continueranno a produrre? Anche se si intervenisse subito con rilevanti cambiamenti produttivi e bonifiche ?

La salute non funziona come un interruttore, gli effetti delle esposizioni acquisite da quando siamo in utero, e anche prima, e nel corso della vita non sono azzerabili, seppure abbiamo meccanismi di omeostasi e di riparazione ci sono fenomeni che non sono reversibili. Per questo diciamo che l’epidemiologia deve andare a braccetto con la prevenzione, per evitare di studiare i danni conclamati senza poi incidere sulle cause che li hanno prodotti e evitare che si continuino a produrre.

In sostanza questo è il ragionamento che sottende la valutazione di impatto sulla salute o VIS ?

Esatto, la VIS stima rischi e impatti evitabili prima che sia troppo tardi, li condivide con i portatori di interessi e li comunica ai decisori. La VIS ha una marcia in più perché è uno strumento di prevenzione partecipato e basato sulle evidenze scientifiche generali e applicate ai contesti specifici.
Per questo non può essere basato sul rispetto dei limiti di emissione o di concentrazione stabiliti per legge, ma sulle conoscenze di quali effetti sulla salute certe esposizioni possono provocare e come si possono evitare o mitigare.
Pur esistendo già linee guida per la VIS (in particolare quelle prodotte dal CCM t4HIA), un gruppo di lavoro della Task force ambiente e salute istituita dal Ministero della Salute, al quale partecipano oltre il MATTM i principali enti e agenzie nazionali e regionali (ISS, ISPRA, CNR, ARPA, alcune Regioni) sta lavorando per produrre una linea di indirizzo condivisa.

Anche per Taranto è pensabile lo stesso impiego?

Certo, a Taranto e in tutti i siti contaminati, dove c’è bisogno di mettere la salute al centro del ragionamento e delle conseguenti scelte. Finché si continuerà a mettere in primo piano il tema economico e della tutela dei posti di lavoro si perderà la battaglia su ambiente, salute e alla fine anche sul lavoro. Questo è facilmente verificabile rileggendo la storia dal dopo guerra ad oggi. Se ci sarà la capacità di cambiare paradigma, ponendo all’apice della piramide delle priorità la tutela della salute, sarà possibile imboccare una strada diversa, che potrà dare risultati positivi anche in termini economici. Oltre al principio etico primario del diritto individuale e collettivo alla salute, i risparmi economici ottenibili evitando morti precoci, ricoveri e cure di fasce crescenti di popolazione pesano moltissimo, si parla di miliardi di euro se quantificati su periodi congrui e non certo sull’arco di uno o due anni.
E poi usare tecnologia pulite di produzione e bonificare sono attività capaci di creare lavoro e non di dissiparlo.

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